Oggi vi raccontiamo una leggenda metropolitana riferitaci da un tassista di New York; proprio in quanto leggenda non è stata verificata ma l’aneddoto divertente e il contesto in cui ci è stata riportata (un tragitto in taxi in un piovoso pomeriggio di ottobre) hanno catturato la nostra curiosità e il nostro spirito di viaggiatori.
In un grattacielo di Manhattan lavorava un uomo di mezza età e un giorno l’unico neon che dava luce al suo ufficio si fulminò lasciandolo nella penombra di un pomeriggio invernale. Per non perdere tempo si affrettò allora a comprare un nuovo neon e sostituire quello non più funzionante ma non sapeva come fare per smaltire il vecchio tubo: decise allora di portarlo con sé al termine della giornata per gettarlo strada facendo nell’immondizia. Tuttavia l’uomo arrivò alla fermata senza aver trovato un bidone idoneo dove gettare il neon esaurito che, anche per le grandi dimensioni, non entrava in alcun cestino lungo la strada. Salì sul vagone della metro tenendo il tubo dritto in verticale come un bastone per occupare meno spazio possibile e non disturbare gli altri passeggeri.
Durante il viaggio le persone che via via salivano nelle varie fermate si accalcavano in piedi all’interno del vagone (impensabile ai giorni nostri in tempi di Covid e di distanziamento) e per reggersi durante la marcia afferrarono il tubo del neon credendo si trattasse di uno di quei pali cui sostenersi per chi viaggia in piedi. Giunto alla propria fermata, varie altre mani erano ancora strette al tubo e lui, con fare disinteressato, sornione e un po’ divertito mollò la presa e scese dalla carrozza.
Che fine avrà fatto il tubo? Quale sarà la persona che, giunta al capolinea avrà mollato per ultima la presa? Lasciamo a voi e alla vostra immaginazione proseguire la storia: a noi piace immaginare che, dato che New York è la città che non dorme mai e che non si ferma neppure a Natale, il tubo del neon continui a girare per la rete dei trasporti sostenuto da mani sempre nuove che salgono, lo afferrano per reggersi il tempo di qualche fermata e poi scendono.
Leone Lamberti