Questo è il racconto di un viaggio ai Caraibi in crociera: un itinerario da sogno tra le Isole Vergini britanniche passando per Santo Domingo e i possedimenti francesi d’oltreoceano; ma vogliamo partire dall’epilogo, dalla fine della vacanza quando sbarcati dalla nave saremmo dovuti ritornare Italia a bordo di quegli enormi aeroplani a due piani con una fila di sedili nel mezzo e due corridoi laterali, di quelli dove potrebbe trovare posto un intero quartiere compresi animali domestici e pesci rossi.
Spesso però a causa di un imprevisto, di una tempesta o per non meglio precisati “guasti tecnici” accade che il volo venga rinviato al giorno seguente con tutti i problemi e le grane che ne conseguono tra cui ri-proteggere (è il gergo usato tra gli addetti ai lavori) i passeggeri. Fin da subito il nervosismo aveva preso il posto di quella sensazione di relax, del ricordo dei tuffi e delle bellissime spiagge visitate e tutti erano bruscamente tornati alla realtà con le conseguenze che il ritardo avrebbe comportato: il rientro al lavoro, le famiglie da avvisare, un giorno in più da pagare al parking dell’aeroporto; vi lasciamo immaginare i mugugni e le proteste quando una gentile hostess ha comunicato che il volo sarebbe partito il giorno successivo. Siamo stati indirizzati verso un area di accoglienza appositamente allestita in aeroporto dove le incaricate alla distribuzione dei voucher per l’alloggio in albergo erano state letteralmente travolte dalla folla.
Per scelta, per carattere e anche un po’ per sfinimento abbiamo optato per un caffè al bar da dove avremmo potuto tenere d’occhio la coda di gente che si faceva via via sempre più lunga, attendere con pazienza che il flusso di persone diminuisse e metterci n fila; dopo un’ora siamo andati alla vetrata da dove si vedevano gli aerei in partenza: i manicotti d’imbarco si attaccavano alle fusoliere, altri si staccavano dopo aver completato il carico, c’era un via vai di autocisterne per il rifornimento, di piccoli furgoni del service food; e ancora le valigie accatastate alla rinfusa su piccoli mezzi elettrici, il fermento delle automobiline “follow me” e tantissimi addetti ai lavori con il giubbetto fluorescente di ordinanza.
Nel frattempo la fila dei crocieristi si era notevolmente ridotta e avevamo deciso che forse era giunto il momento di accodarci per scoprire dove avremmo trascorso la notte. In momenti simili è molto facile farsi prendere dalla sfiducia e a ciò contribuivano voci incontrollate che serpeggiavano tra le persone in attesa: “letti in esaurimento”, “non hanno abbastanza posto”; qualcuno addirittura aveva sentito dire che avrebbero stipato le persone in improbabili stanze quadruple, in sottoscala con letti a castello e in camerate con il bagno in comune! Se fosse stato così ci eravamo ripromessi che avremmo dormito in aeroporto, visto che sarebbe stato sufficiente appoggiare la testa per qualche ora tra il bagaglio a mano e il giaccone e far passare qualche ora come quando nei film una bufera di neve blocca intere nazioni.
Quanto più la fila si assottigliava e ci avvicinavamo al banco, tanto più l’agitazione delle hostess aumentava perché evidentemente i posti non bastavano. Ad un tratto uno degli incaricati si decide ad aprile una busta blu che era stata solo appoggiata al bancone; all’interno c’era l’elenco delle camere a cinque stelle in un resort sul mare che evidentemente erano state tenute per ultime nella speranza di non doverle utilizzare: fu così che noi, assieme ad altri sei o sette fortunati – ultimi di una fila durata ore – eravamo stati destinati all’hotel di lusso probabilmente riservato al comandante o a qualche dirigente. Con un esclusivo minivan dai vetri oscurati ci hanno rapidamente trasferiti a destinazione (non solo era un hotel strepitoso, ma pure a dieci minuti dall’aeroporto) e ci hanno prontamente accompagnati in camera. Frastornati, meravigliati e stanchi, di quella sera ricordiamo solamente un letto morbidissimo a baldacchino, la camera con vista sul mare con il suono delle onde che si infrangevano sulla scogliera e un’ottima cena di pesce servita nel piccolo ristorante dell’hotel.
L’indomani per colazione ci aspettava il panorama dalla terrazza in legno affacciata sul mare e c’era stato anche il tempo per un bagno nella piccola spiaggia sabbiosa dell’albergo privatamente incastonata tra due scogliere, prima di ripartire per l’aeroporto. Con gli altri sette fortunati durante il check-in ascoltavamo storie di persone stipate in autobus affollati per un’ ora di strada verso alberghi nel mezzo della foresta oppure attese interminabili (dopo quelle fatte in aeroporto) per l’assegnazione della camera e per una colazione sommaria e veloce prima di riprendere la strada dell’aeroporto.
Il racconto dell’itinerario in Crociera? Vi abbiamo forse annoiato un po’ troppo e lo lasciamo per la prossima volta. Non sempre “chi tardi arriva male alloggia”, gli inconvenienti tecnici sono sempre dietro l’angolo ed eventuali ritardi sono sempre a tutela della sicurezza e della incolumità delle persone. Oltre a regalare un giorno in più di vacanza.
Leone Lamberti